A Nervi Sciolti di Dioniza, tra sabbie mobili e il cambiare pelle

A Nervi Sciolti di Dioniza, tra sabbie mobili e il cambiare pelle

È uscito la scorsa settimana, prodotto da Centuries Reverb, l'album dell'esordio da solista di Dioniza, nome d'arte di Domiziana Pelati, cantautrice di Parma ed ex voce di Shinin’ Shade e AyahuascA. Il disco è stato definito dalla critica specializzata come un omaggio all'indie rock inglese e italiano con tinte psichedeliche che affondano le radici nella sua precedente militanza in ambiente stoner e garage. Noi della Redazione abbiamo voluto scambiare con lei in prima persona alcune considerazioni per entrare più nel vivo del suo progetto. Qui di seguito la nostra conversazione:


A Nervi Sciolti è il tuo album d’esordio da solista, ma chi ti segue avrà già avuto modo di conoscerti come voce degli AyahuascA, progetto psichedelico e retrospettivo, apparentemente distante dal tuo attuale lavoro. Cosa ti ha lasciato a livello personale l’esperienza con la band e a cosa è dovuta la tua scelta di intraprendere un percorso da solista?

Ho iniziato a scrivere questo disco durante gli ultimi anni di esperienza con la band, che si è conclusa nel 2023. Sono stati anni intensi e formativi. Siamo cresciuti insieme pubblicando un disco autoprodotto (Naad, 2019) e organizzando autonomamente un tour in Europa, che ha consolidato la mia passione per l’aspetto performativo della musica dal vivo. Quando non è stato più possibile portare avanti quel progetto ho deciso di dedicarmi al mio lavoro solista. Mi sono concentrata liberamente sui suoni, sulle immagini e sulle tematiche che mi assomigliavano di più. Staccare da ciò che avevo fatto in passato è stato del tutto naturale e necessario.


Come nasce questo disco? Quali sono le esperienze personali, le suggestioni o le immagini alla base dell’evoluzione dell'album?

La gestazione di questo disco è stata prolungata e discontinua. Venivo da un momento difficile, sentivo di aver perso la mia connessione intima con la musica. Grazie all’aiuto di tanti amici e amiche ho imparato a restare concentrata sulla mia ricerca musicale, a fidarmi delle mie scelte creative. I primi testi di questo disco nascono dalla necessità di raccontare delle storie, vestendo i panni di cantautrice: Dorothy ne è un esempio. Scrivo molto per immagini e quelle che si accumulavano mostravano soprattutto città murate, pianure nebbiose, acque sporche, cieli insanguinati e apocalissi amorose. Ho capito che volevo raccontare un mondo urbano isolato, storie di desiderio, disincanto, evasione.


A livello tecnico e ispirazionale, se dovessi individuare tre album che hanno influenzato maggiormente l’orizzonte sonoro del disco o della tua formazione musicale, quali sceglieresti?

La prima volta che ho discusso della produzione del disco con Davide Chiari (Centuries Reverb) gli ho portato Is This Desire? (1998) di PJ Harvey. È un lavoro particolare capace di mettere a nudo – anche nelle sonorità - una fragilità intensa e irripetibile che sentivo particolarmente mia in quel momento. Un altro riferimento che ho portato in studio è Passover (2006) dei Black Angels, un album importante per la mia formazione, che rappresenta un ponte con la musica che ho fatto in passato. Come ultimo riferimento vorrei citare On Dark Horses (2018), in particolare Light Song di Emma Ruth Rundle, che invece ha portato Davide alla mia attenzione. Dopo aver ascoltato questi riferimenti abbiamo concordato di cercare un suono analogico, pieno, scuro, immersivo: non potevamo non registrare tutto su nastro.


Nella tracklist ricorrono spesso delle figure femminili (Venere, Dorothy, Eileen) che dovrebbero simboleggiare degli archetipi in costante oscillazione, correggimi se sbaglio, tra due polarità distanti e quasi contraddittorie. C’è un’intenzionalità dietro questa costruzione? Cosa volevi trasmettere?

Le figure femminili di questo disco possono essere persone in carne e ossa come Dorothy o creature che vengono dalla natura, come Eileen. C’è una componente ambigua nel modo in cui vengono descritte, nel modo in cui vengono riportate le voci che le descrivono e che nutrono aspettative su ciò che devono essere o significare in quel mondo. Quando penso ai personaggi femminili penso soprattutto all’importanza delle loro ombre, mi piace insinuare il dubbio che ci
sia qualcosa di oscuro e persino violento dentro di loro. Alla fine, cercano solo di sopravvivere.


In Cambia Pelle parli di cambiamento attraverso la metafora di un serpente, un’immagine disturbante che un po’ capovolge l’accezione “ottimista” che abbiamo della metamorfosi. Cos’è in questo senso per te il cambiamento? Un processo che ti dà speranza o ti spaventa?

In Cambia Pelle ho voluto esprimere soprattutto la rabbia non filtrata che proviamo quando scopriamo di aver idealizzato una persona, di aver riposto affetto e fiducia in un “serpente” che cambia pelle in base ai cambi di luce e temperatura. Può fare male realizzare che il riflesso che vede nel tuo volto è solo il suo, come in uno specchio. È vero che il cambiamento in questo disco è spesso rappresentato come una minaccia. Forse ho riposto le mie paure in queste canzoni, attribuendole alla prospettiva di altri, ma in realtà non faccio altro che cambiare ogni giorno. Scrivere per me è cambiare mille volte.


Se dovessi concepire una copertina alternativa dell’album, dal momento che siamo al corrente del tuo impegno in ambito storico artistico, immagineresti questo cambiamento di pelle in stile caravaggesco, ossia naturalista fino alla truculenza, classicizzato in forme ideali o brutalizzato alla Bacon?

È una bellissima domanda. Se dovessi associare un dipinto a Cambia Pelle le assocerei il Martirio di san Bartolomeo del 1644 di Jusepe de Ribera.
Jusepe de Ribera, Martirio di San Bartolomeo, Barcellona, Museo Nacional d'Art de Catalunya, 1644

In conclusione, porterai prossimamente il tuo nuovo disco live? Quali sono i programmi per l’imminente futuro?

Nel disco suonano musicisti che sono anche tra i miei più cari amici, alcuni di loro (Sir Petrol e Andrea De Dominicis) facevano parte degli AyahuascA, mentre con altri (Emanuele Nidi, Leonardo Barbieri) collaboro da anni a tanti progetti. Abbiamo preparato un live che spero potremo portare in giro per l’Italia. Abbiamo iniziato a Parma il 21 settembre con una preview al PWCC e proseguiamo il 3 ottobre con la release party ufficiale al Circolo Arci Oca Morta. Prima della fine dell’anno saremo anche ospiti all’Alphaville di Piacenza e a Bang Bang Radio a Lodi per promuovere il disco. L’unico desiderio che ho per il 2026 è di suonare in giro con loro.