Alex Fernet - Modern Night
Avete mai pensato a quanto sia difficile tirare fuori da questo Paese qualcosa di sinistro, gotico o spettrale e al tempo stesso esteticamente credibile? L'Italia è il Paese del Sole, delle estati interminabili in spiaggia, delle vespe davanti i bar, del calice di vino al tramonto e delle serenate da telenovela. È un po' tutto questo immaginario godereccio che ci ha sempre fottuto: è la nostra cifra e al tempo stesso il nostro limite. Inevitabile, dunque, che andando ad aprire alla mezzanotte il sarcofago in uno studio di registrazione romagnolo, si palesi come presenza ectoplasmatica non una figura demoniaca, ma tutto quel necrologio musicale mai realmente defunto in Italia: il sophisti pop del Battisti più internazionale, l'ondata yacht rock all'Alan Sorrenti, il synth funk inaugurato nel Bel Paese da Tony Esposito.

Alex Fernet atto secondo (il primo album, Lucidanotte, è del 2023) riformula la propria immagine secondo i filtri del revenant, con tanto di stilosissimo corredo fotografico da copertina di Vogue. Il senso è: vampirizzare tutto quell'universo sonoro che tra anni '70 e '80 ha infestato i jukebox dei lidi dove si sono incontrati per la prima volta i nostri genitori. Tutto bello, se non fosse una battaglia persa in partenza: quella musica è già immortale e non smette di contagiare pandemicamente mezzo mondo coi suoi talkbox, con i synth bass alla Imagination e le chitarrine funkeggianti. Vittoria facile? Sì e no. Occorre riconoscere lo charme e la classe di Alex nel realizzare un disco senza una minima caduta di stile, capace di rinverdire tutta una wave italiana che si era a dir poco proletarizzata fino a perdere quasi tutto il suo brio.

Il leitmotiv del disco fa il paio con la seduzione vampiresca delle immagini, giocando sulla contraddittoria ambivalenza di un amore salvifico ma tossico, luminoso ma anche distruttivo.
Be My Memory, Ruins and Wrecks, I Hate This Summer, Love You Anyway
C'è un continuo desiderio di evasione dal quotidiano, da tutto ciò che è prosaico verso ciò che, al contrario, è cool: la Roma di Fellini, Venezia, Milano, il design anni '60, le auto vintage, l'ultimo drink della sera. Un disco, in questo senso, piuttosto dannunziano che pesca a piene mani dalle memorie e gioca con le citazioni: sbucano qua e là synth alla Jamiroquai che richiamano More than a Woman, un rhodes che emula Michael McDonald, un piano che fa il verso ai Commodores.

Modern Night è un'opera elegante, accessibile ma ricercata, che punta a piacere alla massa senza rischiare di diventare piaciona. Forse proprio il contrario di avvenieristica, ma non per questo meno potenzialmente importante in Italia. Anche perchè Alex vi si staglia al suo interno con una naturalezza camaleontica e una credibilità del tutto eccezionali. E, diciamocela tutta, di interpreti dalla strizzata d'occhio demagogica ne eravamo già piuttosto saturi dalle nostre parti.