Greatwaterpressure - Summerleague

Greatwaterpressure - Summerleague

È agosto, sono le sette di sera, la golden hour. Sei in macchina, hai la pelle salata e la sabbia tra i piedi, imbocchi la tangenziale per rientrare a Milano quando allo stereo parte Alibi e improvvisamente Assago inizia a prendere le tinte out of context di Tokyo. Sarà anche un paradosso della mente, ma non è assurdo ravvisare sottotraccia in questo Sì Viaggiare-revival quel city pop nipponico divenuto nel frattempo quintessenza del pop d'autore in patria e oggetto di culto in Occidente, grazie ai suoi ipnotici campionamenti future funk. Il terzo EP dei milanesi greatwaterpressure, summerleague, riavvolge il nastro alla radici della dance, agli albori della disco music, insinuandosi sotto pelle con atmosfere di rievocazione '70, tanto attuali quanto nostalgiche. Il disco è un soul funk e nu-disco dai toni spiccatamente retrò, capace di ramificarsi in ambiti non del tutto radicati nell'anima black che ne fu l'humus culturale. Convivono qui infatti gommosi battiti disco ed echi di un passato già patrio grazie al periodo anglofilo di Battisti. Intendiamoci, di certo non uno strappo col passato del collettivo che già con Passo Zero e Starting Five aveva ampiamente dichiarato le sue intenzioni.

Chill danzereccio alla Jamiroquai e tematiche semplici, per lo più estremamente relatable: la fine di una relazione, evasioni dalla quotidianità, fughe d'amore. La componente elettronica di queste quattro tracce svolge un ruolo di mero abbellimento, con tenui fioriture di sintetizzatori, mentre decisamente più preponderante è l’anima funk alla Chic, bassi pulsanti e chitarrismi screziati. Musica leggera, nella miglior accezione del termine, rigogliosa nella produzione e dolce nello spirito. Non tanto un sensuale rituale per l'accoppiamento (come poteva esserlo ad esempio, goliardicamente, l'ultimo dei Grill Boys), quanto un sofisticato e nostalgico soundtrack per le evasioni mentali delle serate estive.

Un prodotto realizzato con classe, in linea con l’hype della stagione, forse non troppo originale, ma che rappresenta comunque in Italia un'inversione rispetto al decennale trend di disco music sciatta e approssimativa, da super-massa (cioè, insomma, i tormentoni: il peggio della produzione musicale dal 2000 a oggi). A volerlo trovare un errore imperdonabile, punterei il dito sulla calendarizzazione della distribuzione: fosse uscito al calar delle ferie, il disco sarebbe risultato un ottimo long-drink a base di detox per smaltire quel mal de vivre contemporaneo che è l'ansia performativa da felicità instagrammabile in alta stagione.