I Vaeva (non) sono preda dei venti

I Vaeva (non) sono preda dei venti

Liberi da etichette, liberi da barriere musicali, liberi dalle leggi algoritmiche del web. I giovanissimi Vaeva, già reduci da un EP del 2023 e forti di un nutrito seguito costruito tra sessioni live in strada, concerti e una genuina presenza social, hanno lanciato lo scorso 24 ottobre il loro secondo EP, Preda dei Venti. Affascinati da una parabola ascendente così repentina e dalla crescita di una fandom che non sembra porsi limiti, abbiamo pensato di rivolgere alcune domane direttamente ai ragazzi brianzoli per raccontare questa nuova uscita.


Innanzitutto grazie della vostra disponibilità. Vorrei iniziare con una curiosità che ha captato subito la mia attenzione. Avete raccontato già in altre occasione come il titolo del vostro EP sia stato suggerito da una canzone di Lucio Battisti che passava in sottofondo. La scelta non risulterebbe così peculiare se la vostra carta d’identità non recitasse “anno di nascita: 2005”. Volevo chiedervi allora quali sono i vostri riferimenti musicali, come arrivate a un certo tipo di musica, se guardate più alla tradizione italiana o all’estero e se vi considerate una band “rock” nel senso più tradizionale del termine. 

Ciao, grazie a voi per la possibilità. É sempre difficile rispondere a domande sui nostri riferimenti musicali perchè, essendo in cinque nella band, abbiamo influenze molto diverse tra di loro che in qualche modo trovano un punto in comune nella musica che scriviamo insieme. C’è chi ascolta i Deftones, chi i Paramore, chi Calcutta e chi i Negramaro, un po’ di tutto. Alcuni di noi sono stati abituati fin da piccoli al cantautorato italiano e in generale alla tradizione italiana (Jacopo e Sara), altri invece si sono sempre ispirati ad artisti internazionali. La nostra musica è il risultato di tutte queste contaminazioni e soprattutto varia con il passare degli anni, (basta ascoltare il primo EP, metà in italiano metà in inglese), ma ci piace far sentire e non solo vedere il nostro percorso artistico e musicale. Siamo partiti come una “rock band” nel vero senso della parola perchè facevamo cover di brani rock degli anni ‘80-’90 e da quel momento, solo perché siamo una band, ci hanno sempre affibbiato l'aggettivo “rock”. In realtà il nostro genere è più pop rock o alternative pop, ma alla fine tutte queste etichette servono a ben poco, facciamo solo musica che sembra che piaccia alla gente, l’importante è questo. 

L’artwork della copertina suggerisce una connessione col titolo del disco, pur rimanendo particolarmente ineffabile. Potete spiegarci meglio la scelta di questa immagine e se dobbiamo intenderla come una sorta di metafora? 

Siamo felici che qualcuno si chieda il motivo per cui abbiamo scelto questa foto e in generale tutte le foto legate a Preda dei venti. Già il titolo di per sé può essere una metafora in tanti aspetti: è ripreso dal brano di Lucio Battisti, La collina dei ciliegi, e lo abbiamo scelto di notte mentre giocavamo a Minecraft perché serviva una frase per il portale del Nether che fosse enigmatica, ma significativa. Sicuramente il fatto che il 2025 sia l’anno in cui tutti compiamo 20 anni è stato un altro fattore importante nella scelta. Riprendendo la domanda, le foto sembrano scelte a caso, in parte lo possono essere, ma non del tutto. Innanzitutto tutte le cover legate all’EP sono in bianco e nero, poi sono tutte state scattate in Brianza, dove abbiamo sempre vissuto e scritto musica. In particolare le copertine di C’era il temporale e quella dell’EP stesso sono state scattate da un vecchio fotografo brianzolo nell’86, rispettivamente una sulla sponda del Fiume Lambro in piena e, l’altra, sul davanzale della finestra di una casa antica che ora è stata restaurata e ha perso il suo fascino… Qualche mese fa Jacopo é andato a casa di questo signore che aveva un muro pieno di foto in bianco e nero ed è stato subito rapito da quelle due foto. Da lì non abbiamo mai pensato a un’alternativa. Ci piace pensare che ognuno abbia la sua interpretazione della copertina. Sicuramente è importante il fatto che le mutande siano cinque come noi e anche che siano trasportate dai venti, elemento che si lega al titolo dell’EP. Si può pensare che quelle mutande siano una rappresentazione astratta, una metafora delle nostre (e vostre) vite appese ad un filo in una giornata con un forte vento, che può farle volare via da un momento all’altro. Ma la verità è che non c’è una risposta giusta ed è bello che sia così.

C’è stata un’evoluzione o qualche cambiamento significativo negli ultimi mesi riguardo il vostro processo creativo? Come si sono svolte le sessioni di scrittura dell’EP? Avete dei ruoli ben definiti in questo senso?

Diciamo che il nostro processo creativo è sempre in evoluzione, ma sicuramente negli ultimi mesi e anche dopo la pubblicazione dell’EP ci sono stati dei cambiamenti. Non abbiamo delle vere sessioni di scrittura, ma semplicemente durante le prove dedichiamo la prima parte a provare i brani in scaletta per i concerti e la seconda alla scrittura. A volte proviamo i nostri brani e basta, altre volte invece scriviamo per ore. Preda dei venti è stato scritto da tutti noi, a volte partendo da un riff di chitarra, a volte da una melodia o da un giro di accordi e poi ognuno (a casa o in sala prove) ha scritto la propria parte. Poi ogni brano ha la sua storia, ad esempio In bianco e nero era una bozza di molto tempo fa, nata da un’idea di Jacopo e dalla melodia registrata dal telefono di Sara. Ovviamente non si smette mai di scrivere, ci rendiamo conto che è più facile quando si è in pochi, ma è bello anche condividere le proprie idee tutti insieme.  

Essendo tutti classe 2005, appartenete alla generazione nata e cresciuta nell’apice dell’era social. Difatti uno dei fattori che salta all’occhio è una presenza importante e creativa sui social, diversa, diciamocelo apertamente, da molte band della generazione precedente, ancora legate forse a forme di comunicazione più classiche. Dal momento che descrivete Preda dei venti come un insieme di “frammenti autobiografici”, come vivete questa relazione tra la vostra autenticità più intima e il mondo social? C’è continuità o sentite a volte di dover scendere a compromessi? 

Esatto, siamo tutti 2005, al momento manca solo Edo per avere tutti 20 anni ed essere ufficialmente Preda dei venti. Siamo consapevoli del fatto che i social abbiano effetti positivi e negativi sulle persone, ma ad essere onesti è anche grazie a loro che siamo riusciti a farci strada tra gli artisti emergenti e che abbiamo trovato una fanbase che ci segue e che ci tiene. I social, in particolare Instagram, per noi rappresentano una possibilità di espanderci, ma anche un muro che sarà difficile distruggere fino a quando non saremo emersi, e speriamo che succeda. Questo dualismo lo si percepisce anche da uno dei singoli dell’ep, ovvero (non) mi piace. Anche se di per sé non parla di quello, questa canzone può essere usata come spiegazione del nostro parere dei social, della “tossicità” di un “mi piace” o di un “non mi piace” e delle conseguenze che possono comportare sulla psiche di una persona. 

Quali sono i vostri programmi per il futuro? Porterete in giro live il nuovo EP? 

Dopo mesi ad organizzare, a fare chiamate e riunioni, possiamo ufficialmente annunciare che dal 14 novembre inizierà il nostro primo Club Tour. La prima data sarà a Pisa, ma per scoprire le altre dovete andare sul nostro profilo Instagram (vaeva.band) e seguirci. Nonostante l’ultima data sia stata circa due mesi fa, al Magnolia, sentiamo la mancanza di suonare e di stare a contatto con i nostri fan e amici perché siamo sempre stati abituati a suonare il più possibile, soprattutto all’inizio in strada. Non vediamo l’ora di portare sul palco l’EP completo, dopo averlo tenuto nascosto per troppo, anche perchè ci saranno delle sorprese... Questo ovviamente non vuol dire che smetteremo di scrivere, anzi vedere le persone che cantano le nostre canzoni ci motiva ancora di più a non fermarci. 

Per chiudere, un’altra curiosità che, a mio avviso, racconta molto di più sulla vostra musica di molte altre domande. Qual è il guilty pleasure musicale di ognuno di voi (intendo l’artista o la band che ascoltate di più, pur essendo molto diverso dal vostro genere di riferimento e che non citereste a primo impatto in un’intervista come vostra fonte di ispirazione)


Sara: musica ambient, nessun artista in particolare
Gheb: Ariete
Jacopo: Olivia Rodrigo
Michele: Tiziano Ferro, album Rosso relativo
Edo: Aphex Twin