Il sophomore dei Weird 10 anni dopo

Il sophomore dei Weird 10 anni dopo

È il marzo 2015. Birdman e Gran Budapest Hotel fanno incetta di premi agli Oscar, di lì a poco Milano sarebbe stata devastata dai NoExpo e Facebook ha appena fatto il 'cambio di stagione', passando dai tweet spaziali della Cristoforetti alle matite spezzate dopo i fatti di Charlie Hebdo. Fronte musica, la scena shoegaze non era ancora tornata a brillare, ma aveva già in nuce i germi della successiva renaissance. Due anni prima i My Bloody Valentine erano tornati con m b v, che forse non ebbe le stesse ripercussioni che avrebbe invece determinato poi Slowdive (2017), ma che qualcosa dovette pur smuovere, considerando che in quel torno d'anni uscirono, ad esempio, Guilty of Everything (Nothing), Sway (Whirr) e Hyperview (Title Fight). Contemporaneamente in Italia la scena era tenuta viva dai primi dischi dei Cosmetic e da band come BeForest e Soviet Soviet. Nasce però a Roma una piccola label, tutta votata alle sonorità associate ai dischi di cui sopra (shoegaze, dreampop, slowcore), Lady Sometimes Records. La prima uscita dell'etichetta è A Long Period of Blindness, sophomore del trio romano Weird. Oggi, in occasione del decennale del disco, abbiamo voluto porre alcune domande alla voce della band, Marco Barzetti, per ripercorrere insieme il percorso che portò a questo lavoro.

"Verso il 2012 cominciai ad ascoltare nuova musica che cambiò la mia sensibilità artistica. Grazie anche ai consigli di un paio di amici, io e Massimiliano (ndr. il batterista dei Weird.) ascoltammo per la prima volta i caposaldi dello shoegaze, soprattutto Slowdive e My Bloody Valentine. La svolta fondamentale fu comprare un Boss RV-5 (riverbero che uso tantissimo tuttora) e settarlo al massimo sulla chitarra. In questo modo i pezzi che avevo già cominciato a scrivere mi sembravano finalmente immersi in quella dimensione spaziale che cercavo. Il punto di riferimento in Italia per noi era la scena shoegaze di Pesaro (Be Forest, Brothers in Law e Soviet Soviet), ma ci metto dentro anche i Cosmetic. Gruppi con i quali poi abbiamo avuto la fortuna di condividere il palco, rimanere in contatto negli anni e diventare amici. Parallelamente la nostra più grande ispirazione fuori dall'Italia erano gli Have A Nice Life, con il loro monumentale "Deathconsciousness", registrato con pochissimi mezzi in cameretta e ancora meno competenza tecnica. Qui capiì la cosa più importante di tutte, ovvero che potevamo fare un disco completamente in casa a budget zero, perchè l'urgenza espressiva veniva prima di tutto. Spotify forse non esisteva neanche, ma comunque in Italia non lo usava ancora nessuno. Bandcamp invece era un ottimo modo per porre l'attenzione su un disco intero anzichè singole canzoni. Un'altra grande influenza furono gli americani True Widow. "Widow" è infatti uno dei pezzi che più è stato influenzato dal loro stile".

La filigrana del disco è intimamente curesca nella costruzione di una tessitura sonora a base di riverberi e arpeggi elegiaci. E proprio come nei rondò di Robert Smith, il trend è ingannevole, prima illudendoti di esser sul punto di raggiungere un'acme, per poi stazionarsi in alta quota diventando apparentemente senza fine (d'altronde erano anche gli anni in cui in Italia l'eredità dei Giardini di Mirò continuava a esercitare un certo grado di attrazione, anche se la band aveva ormai accantonato con Good Luck la storica vena post-rock). Ma le suggestioni all'interno dell'album sono molteplici: come non percepire la morbosità nel giro stoner che introduce The Circle is Closed Except Where it Bleeds in apertura di album, come non ricordare gli Slowdive di Souvlaki nei primi secondi di preghiere sospirate in The Sound of Your Heartbreak, come non ricollegare la psichedelia di (Crescendo) ai The Verve di A Storm in Heaven? Una traiettoria del genere, riportata in questo modo su carta, indurrebbe a pensare a un'operazione nostalgia capace già nel 2015 di urlare "Take me back to the '90s". In realtà la setlist traspira ancora oggi freschezza e una volta arrivati al requiem finale di Swans ci si chiede quante band della cosiddetta scena nu-gaze (e non intendo solo italiana) si siano volute effettivamente confrontare sul terreno dell'escalation emotiva a fuoco lento, uscendo dalla comfort zone dei più immediati tappeti fuzzosi.

"Mi ero diplomato da poco, in ritardo e con molta difficoltà. Fu un periodo di forte stress. Io ero estremamente timido e chiuso, e collaborare per la prima volta con altre persone sui miei pezzi fu molto difficile, infatti soprattutto il processo di mixing fu lungo e delicato. Nel bene e nel male è stata un'esperienza che mi ha insegnato molto e ringrazio tutte le persone che sono state coinvolte in questo disco. ll lieto fine fu l'incontro con Esmeralda (che è tuttora la mia compagna) e della sua neonata etichetta Lady Sometimes Records, che pubblicò il disco come prima uscita in vinile della label. Fu bello e rassicurante trovare finalmente una casa così accogliente. Nel 2014-15 suonammo in tutta Italia, togliendoci un bel po' di soddisfazioni. Tutti i miei turbamenti personali finirono nel disco e, anche se nascosti dietro testi sempre volutamente poco chiari, il leitmotiv è fondamentalmente quello di una relazione ancora acerba, spezzata sul nascere dal fantasma di un'amore platonico e impossibile. Unica eccezione è "Swans", che invece si concentra su un mio trauma infantile in particolare".
"Dopo il 2015, l'interesse per il genere in Italia si è un po' perso, ma negli ultimi anni ho notato un bel ritorno di certe sonorità. Adesso c'è di tutto e a completa disposizione dell'ascoltatore quindi bisogna filtrare e selezionare bene, altrimenti si rischia di non ascoltare veramente nulla di significativo. Io nel frattempo mi sono progressivamente allontanato dallo shoegaze: penso che in tre dischi (i due Weird e il primo True Sleeper) ho dato tutto quello che potevo dare all'interno di quel "contenitore" che comunque rimane sempre presente, pur in parte minore, in ciò che produco. La contaminazione di generi e sonorità anche diversissimi tra loro rimane la cosa che più mi spinge a fare musica nuova, perciò negli ultimi anni il mio linguaggio si è spostato più verso l'elettronica e i sintetizzatori sono diventati il mio principale strumento di espressione, ma al tempo stesso mi piace tantissimo sperimentare su svariati strumenti acustici e nell'uso della voce".