Leita - Alle Porte del Regno Animale

Leita - Alle Porte del Regno Animale

Si intitola Alle porte del regno animale il secondo album dei Leita, pubblicato con Kosmica Dischi e Spleencore Records, ma il liricismo metaforico votato al campionario floreale che pervade il disco avrebbe reso spendibile anche un titolo come Alle porte del regno vegetale ("caos di una tundra d'asfalto, mi adatto a un terreno arido; attenderai dentro un cuore di quercia, ramificato in un terreno spoglio; cineraria"). Il senso alla base di questo lavoro credo possa essere la ricerca di completezza dentro sè stessi, al di là del contesto e del rumore circostante. Posso spiegarmi così quel pas de deux goffo e scoordinato in Dance Dance Dance, che nella realtà si traduce "vita" e da cui se ne esce solo disabituando la propria dipendenza dal partner. È così che leggo anche l'isolamento volontario dagli squallidi scenari urbani di Animali migratori e le foglie che ancora crescono mentre tutto intorno muore ne La timidezza di una quercia. È solo in orbita, lontani anni luce da dove si è sempre stati, che si scopre di aver sempre avuto ciò di cui si necessitava dentro di sè. "Nella felicità persa alla deriva" si realizza "che è meglio tornare", come la cagnolina dello Sputnik 2 che dà il nome alla canzone (n.d.r. volevo giocarmi la carta black humour sulla fine fatta dalla povera cavia animale, ma poi ho iniziato a piangere).

Midwest emo, math rock, indie? Sì, c'è un po' di tutto questo, ma anche altro. Il sound gravita principalmente attorno a geometriche stilettate di chitarra, intervallando suoni cristallini ad affondi più propriamente punk, senza mai discendere nei tonfi hardcore. Questa formula, unita a un gusto per l'esplorazione eclettica di stili (la bossa nova di Cineraria, i sample glitch pop di Dance Dance Dance, i campionamenti di Arenaria) e a una scrittura di labor limae che oserei definire più indie che midwest emo (senza pretese cantautorali, ma senza neanche la schiettezza talvolta impulsiva dell'emo), rendono il secondo album dei Leita figlio di una tradizione che rimonta agli ormai quasi leggendari The Van Pelt e che oggi ha trovato sbocco oltreoceano in band come i Delta Sleep. Il tono complessivo è dolce, quasi mellifluo e trasognato, più speranzoso che disilluso. In ciò si distingue da molto emo monolitico e abbaiato italiano, ma come vi dicevo, l'album trascende dall'integrità al genere. A un ascolto più ravvicinato non mancano di saltare all'orecchio passaggi meno convincenti: il prologo ambient di Bon Voyage sembra un'intro dei Cure che non ha troppa pertinenza con ciò che si sentirà in seguito; non è molto chiaro a cosa si riferisca metaforicamente "l'uscita" nella jangle Linea d'Ombra e la sezione finale di fiati di Laika gioca forse troppo scopertamente la carta American Football. Sono sbavature su cui si soprassiede senza troppe remore, anche perchè compensate da una capacità compositiva intraprendente e che non si lascia intimorire davanti alla possibilità di provare accostamenti out of the box.

Spiccano nella setlist la già menzionata Timidezza di una quercia, col suo sferragliante intro alla Misery Business, il momento più puramente emo della parabola, il breakdown di Dance Dance Dance introdotto da chitarre lo fi e inserti elettronici, e gli arpeggi in dimensione dreampop di Linea d'Ombra, forse il pezzo più alla Turnover di tutto il loro repertorio. La sensazione è che nella seconda metà del disco i Leita abbiano stemperato la vena punk, orientandosi più in direzione indie nostrano, accentuando le Calcutta vibes e le atmosfere rarefatte nelle due tracce conclusive. Come si piazza un prodotto del genere sul mercato italiano? la tendenza all'hardcore e lo screamo-oriented di Quercia, Cabrera e Riviera qui non c'è, in compenso regnano gli svolazzi stegosauriani (certo, meno protagonistici, il concept alla base è diverso) e una scrittura goes to indie che si differenzia dalla rawness diffusa nella scena. Le potenzialità alla base per deviare, anche fosse solo di qualche centimetro, la traiettoria dell'emo italiano, a mio avviso, ci sono tutte. Il salto definitivo potrebbe risiedere nella scrittura, perchè se da un lato il leitmotiv è agevolmente intuibile, i rimandi allegorici dei versi, non sempre tra loro ben connessi, tarpano un po' le ali al potere suggestivo, rendendo il viaggio nel regno animale a tratti ingolfato.


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