Loox - Shutter Island

Loox - Shutter Island

Tra le proposte più eclettiche dell'ultimo periodo, segnaliamo il primo lavoro di Loox, Shutter Island. Un concept album (che oggi già solo per questa formula fa notizia) sui tempi moderni, un affresco denso di temi, considerazioni e pennellate cangianti. Per penetrare più a fondo nell'opera, abbiamo deciso di intervistare il cantautore che ci ha consegnato diversi chiavi di lettura del disco e del contesto da lui rappresentato.


Il disco possiamo dire che esibisce una certa varietà di orientamenti (synthwave, future bass, ma anche molto soul e r&b), puoi raccontarci di più del tuo background musicale e culturale?


A dieci anni cantavo i cantautori italiani, a quindici mi sono avvicinato alla chitarra rock e mi sono diplomato in conservatorio in chitarra jazz a 26 anni. Ho iniziato a scrivere la mia musica a 25 anni e a 30 a studiare composizione classica. Ho provato a fare un album con influenze folk ed elettroniche con una irish band di Dublino e nel 2019 ho incontrato Mark Meccoli e Maddee, produttori di musica soul/R&B elettronica. Mark é stato in contatto con il Gospel inglese quando ha vissuto a Londra e Maddee ha trovato la formula magica per far esplodere le sue produzioni con i suoi synth bass. É li che abbiamo pensato di fondere le loro influenze con le mie ed é uscito Shutter Island, che é un album libero dalle catene dei generi. Tra i sogni c’era quello di unire i cori gregoriani e la musica classica al soul e all’elettronica quindi, Labrinth era l’artista giusto da cui prendere spunto. Insieme a lui c’erano i Queen e tutto quel filone di artisti che hanno matchato con la musica sacra, gospel e classica. Jack Garrat é uno di loro.

Esistono diverse opere intitolate a luoghi e città, odissee urbane che raccontano stralci di umanità a tinte decadenti. Tu hai deciso, invece, di tributare l’album di debutto a un luogo fittizio, tratto dal celebre film: c'è un parallelismo metaforico tra l’istituto psichiatrico di Scorsese e la realtà attuale?

Shutter Island é una danza frenetica, rappresenta lo stato confusionale in cui cade chi ha paura d’amare e di rimanere imprigionato negli occhi di chi ama. Serviva un manicomio, anzi un’ isola di matti, in cui ogni individuo corre verso il proprio successo, disposto a fare carte false pur di affermarsi. Che poi questo successo é davvero ciò di cui abbiamo bisogno? Quando ho ascoltato la produzione di Maddee per la prima volta, non c’era ancora la voce e la struttura era da definire ma una cosa era chiara, era un brano folle! Quindi non contenti, abbiamo deciso di renderlo ancora più folle, indecifrabile e l’abbiamo privato della canonica struttura canzone per mandare in confusione l’ascoltatore. Abbiamo scardinato i capisaldi della canzone così come la corsa al successo scardina i valori fondanti della nostra società. Il risultato é che si ha paura degli altri e non ci si può più fidare. Si diventa matti...dentro Shutter Island.

Perdona l’indiscrezione, quanto c’è, se possiamo chiederlo, di personale e autobiografico nel disco? Alcuni brani come Bambole e Coma lasciano presagire ferite forse non ancora del tutto rimarginate.


C’é molto di personale e autobiografico. Non riesco a scrivere se non mi connetto con il mio io interiore e con le mie esperienze di vita. Spesso mi piace anche mischiare le esperienze per dar vita a scenari surreali ma, sempre con un fondo di verità. Bambole é una storia inventata che mi é servita per una riflessione sui rapporti di potere che si instaurano all’interno delle coppie, quei giochi tossici nei quali sono caduto anche io e dai quali voglio liberarmi. Coma invece é il racconto di uno stato di depressione nel quale mi sono rifugiato per toccare finalmente il fondo e sconfiggere la paura di morire, la paura di perdere.

Nel disco c’è una traccia, Generazioni Trap, che a modo suo rende difficile non generare dibattito. Si direbbe un affresco disilluso, cinico (e forse anche un po’ risentito) dello spaccato musicale, ma più in generale sociale di oggi (“questa città senza futuro vende solo sesso”). Pensi che il musicbiz stia svendendo la creatività artistica degli emergenti in cambio di clic e visibilità?

Ho scelto questa metafora perché la trap é l’emblema del periodo storico che stiamo vivendo, un momento di grande creatività dove anche chi non ha le conoscenze e le abilità può fare musica. La trap è piena di artifizi digitali, sta riscrivendo la storia: i computer sono protagonisti insieme agli artisti. É come quando durante le rivoluzioni industriali gli operai perdevano il lavoro sostituiti da macchine. Viene da sé che se il 50% del brano composto da noi artisti é frutto dei computer, a noi tornerà indietro il 50% mentre l’altra metà tornerà in mano ai produttori dei software e a chi vende e distribuisce quella musica. A perderci sono gli artisti che vogliono vivere di musica; quelli che la usano per essere liberi, invece, oggi sono ancora più liberi di prima. Ma la musica é un mezzo d’espressione o uno strumento per fare soldi? La musica é anche viaggio, racconti, povertà, ricchezza d’animo e libertà. Stimo i trapper che si esprimono con equilibrio e provo pena per quelli che cercano il successo a tutti i costi e utilizzano la violenza per affermarsi.

Chi sono oggi, a tuo avviso, in Italia gli artisti che non sono scesi a compromessi, o che comunque hanno avuto la forza di preservare la propria vision e integrità artistica, senza cedere alle lusinghe dello showbiz? E tra gli emergenti, chi ritieni possa essere un artista di grande interesse ma che fa ancora fatica a uscire dal proprio status di “Fantasma”? (per citare un brano dell'album)

Beh, Lucio Corsi é uno di quelli. Appare come una vecchia carretta piena di storia. Però mi piace anche l’innovazione musicale che scende a compromessi con la tecnologia. Quando si scende a compromessi é importante tenere a mente quale e quanto sia il contributo portato da te all’interno dell’accordo. Se lo dimentichi diventi schiavo. Bisogna preservare la propria visione artistica. Essere consapevoli di quale sia, ecco! Il caso più eclatante di fantasma secondo me é Jack Garrat che dovrebbe conoscerlo tutto il mondo e invece ha solo 80k su Instagram.

Come giudicheresti lo stato di salute dell’industria musicale italiana, almeno per quanto riguarda la tua nicchia, in questo momento storico?

Mi sembrano confuse! Parlo delle piccole industrie, quelle grandi non le conosco. Vedo che fanno fatica a confermare i propri artisti nelle classifiche o nelle playlist Spotify. Forse non esiste un modo conclamato e bisogna avere anche un pizzico di fortuna. Se un artista arriva in vetta, non é detto che domani ci sia ancora quindi le case discografiche su chi devono investire? Non lo sanno nemmeno loro. Sicuro su quelli che fanno televisione o che hanno un seguito importante sui social. Poi il resto chi lo sa. Intanto però hanno deciso di fare contratti a chiunque
carichi brani o suoni sui distributori...

Per concludere, i tuoi progetti per il futuro? Porterai in giro la tua musica nei prossimi mesi?

Sì porterò in giro questo album fino ad aprile 2026, quando saró pronto con un album nuovo. Nel frattempo in progetto ci sono nuovi brani singoli e una live session che uscirà in questo 2025.

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