Per una rinascita del gotico italiano. Domande a Clelia Pulcinelli

Per una rinascita del gotico italiano. Domande a Clelia Pulcinelli

Dopo il picco non programmato del periodo-covid, l'editoria italiana sembra riassestarsi sui non incoraggianti dati di vendita a cui ci aveva abituati nel decennio precedente. In questo quadro la narrativa di genere (gotico, horror, sci fi, fantasy) ha rivestito tradizionalmente uno spazio liminale nella letteratura nostrana, pur risultando tuttavia tra i filoni più promettenti degli ultimissimi anni sotto il profilo commerciale. Figuriamoci però una "questione di genere" all'interno dell'editoria di genere! Ed è per questo che avevamo tutto l'interesse nel riportarvi qui uno scambio di battute intercorso con Clelia Pulcinelli, autrice classe '96 dalla provincia di Frosinone, enfant prodige dal 2017 con diversi premi letterari riscossi dai suoi romanzi gotici. Qui di seguito alcune domande per entrare più a fondo nella sua attività e nel suo universo letterario.


Innanzitutto grazie del tuo tempo e della tua disponibilità, siamo felici di poterci confrontare con te e aprire la nostra sezione di controcultura ad autori e autrici, soprattutto se legati alla letteratura di genere. Come hai iniziato a scrivere e quali esperienze ritieni siano state fondamentali per formare il tuo gusto?

Domande che gli autori si sentono fare spesso e a cui, a mio avviso, c’è una risposta più semplice di quanto si pensi: è necessità. Scrivere, per uno scrittore, è come nuotare per uno squalo, se ti fermi muori, perché scrivere è l’unico modo per liberare la mente da tutte le parole che premono per uscire. Io ho iniziato con i racconti, quando ero bambina, a sei, sette anni. Pian piano ho iniziato a costruire trame e storie sempre più elaborate e alla fine, tra i 14 e i 15 anni ho scritto il primo romanzo. Riguardo le esperienze che più hanno formato la mia voce di certo ci sono le radici, al primo posto, i pomeriggi passati con mia nonna e le sue amiche a sentire storie di folklore e realtà di campagna, poi ovviamente i libri, i film, lo svilupparsi del mio gusto personale in fatto di autori, registi, musicisti, altri creatori, ha fatto sì che riuscissi ad indagare anche dentro di me quale fosse la mia vera voce.

Per quanto riguarda più strettamente il tuo ultimo romanzo (ndr. “La Casa dell’Elleboro”), quali sono stati nel concreto l’innesco e l’idea su cui hai costruito la storia?

Come spesso ripeto la mia terra è una landa di streghe e briganti, da sempre, di castelli infestati e ville abbandonate, di magia che viene dalla terra, dalla religione, dalle paure umane. Volevo scrivere un romanzo che giocasse sulle inquietudini dell’animo traducendole su quelle inquietudini di mito e leggenda che mi affascinano e divertono tanto.
"La Casa dell'Elleboro" edito da BookTribu nel 2025

Il genere gotico, a livello letterario, ha da sempre patito una certa marginalità nel panorama italiano per ragioni storiche ampiamente messe in luce da tutta una genealogia di studiosi. Che poi è un po’ un paradosso perché l’Italia ha rappresentato allo stesso tempo, con i suoi spazi e il suo folklore, un richiamo dal fascino irriducibile per il gotico d’oltralpe. Come pensi sia cambiata la situazione negli ultimi decenni?

Il gotico, che nasce storicamente nella letterarietà romantica dell’Ottocento inglese, trova come prime ambientazioni predilette proprio l’Italia e la Spagna, (pensiamo a The Castle of Otranto di Walpole, padre del genere). Cattolicesimo, realtà rurali, paesaggi sublimi e dominati da una natura leggendaria, la natura dei miti antichi, il mare in cui aveva navigato Ulisse. Tutto questo ispira gli autori inglesi ed ecco che nasce il genere gotico che però in Italia non ha mai preso piede, non davvero. Credo sia un peccato e credo che l’Italia debba riappropriarsi del suo essere Sublime e riscoprire il suo folklore, con le sue leggende, le sue rovine e le stranianti bellezze naturali.

Aprendo lo sguardo ad altri medium, il gotico in Italia ha avuto un momento di apogeo nel cinema, nella televisione e nella musica dagli anni ’60 in poi (Mario Bava, Pupi Avati, il filone italiano della darkwave etc.) con una portata tale da propagarsi anche oltreoceano. Nella formazione del tuo gusto e dei tuoi modelli hanno giocato una loro parte anche riferimenti appartenenti ad altre sfere culturali come film, fumettistica, musica o arte? Se sì quali?

Sicuramente sì, ma per quanto riguarda l’Italia l’ispirazione principale resta di stampo folkloristico. Un’opera televisiva che mi sento sempre in dovere di menzionare quando parlo del ciclo dei miei romanzi gotici (che sono tutti stand Alone e quindi creano fra di loro di fatto un’antologia) è American Horror Story, un prodotto che forse non si annovera nelle più alte maestranze della cinematografia moderna, ma che di sicuro ha mostrato un’intento simile al mio: raccogliere leggende e folklore di una data nazione per crearne storie moderne, pop in un certo senso e che indaghino l’animo umano.

A cosa si lega oggi, a tuo avviso, l’orrore nella quotidianità? È più facile realizzare una storia nera oggi rispetto al passato? Com’è cambiata la nostra sensibilità a riguardo? E, a livello personale, cosa consideri spaventoso oggi?

Ci troviamo in una seconda età dell’angoscia a mio avviso, o forse non ne siamo mai davvero usciti. Le inquietudini sono all'ordine del giorno e spesso non siamo capaci di comprenderle fino in fondo o di gestire questi sentimenti di angoscia. Leggere opere come un romanzo gotico può diventare catartico, per accedere, tramite l’inquietudine orrifica e straniante, a tutti quei sentimenti umani e quelle emozioni che ci si contorcono dentro, facendoci provare disagio, sfiducia, paura e ansietà.

Tra le leggi agraphoi della letteratura, c’è quella per cui il luogo d’origine suggestioni inevitabilmente la direzione di ogni autore, con esempi celebri come Lovecraft (vissuto quasi sempre a Providence) e Stephen King (con tanto di bibliografia ambientata quasi sempre puntualmente nel suo Maine). Come e in che misura pensi che la Ciociaria, con i suoi luoghi, i suoi tempi e il suo stile di vita, abbia determinato il tuo gusto?

Hai citato proprio i due autori che nomino sempre quando le persone mi chiedono come mai non mi trasferisco in una grande città. Per un periodo, per l’università, ho vissuto lontana dalla Ciociaria e non lo rifarei per nulla al mondo. Spesso dico ironicamente che sono “come un tubero” perché mi piace stare nella terra, nella mia terra, dove sono un tutt’uno con le mie radici. Ma quando devo fare esempi più eloquenti nomino spesso proprio Lovecraft o King, spiegando che forse fa parte dello scrittore anche questo: non solo la voglia di restare nel proprio nido, ma anche la capacità di vedere in quel nido un mondo intero, un mondo che sta sotto, un mondo fatto delle cose perdute o che si stanno perdendo. Io amo la mia Ciociaria e la ritengo una terra magica e unica da cui non desidero distaccarmi.

Che idea ti sei fatta finora dell’editoria italiana e dei lettori? Noti un pubblico più partecipe, più incuriosito, o almeno si può sperare in un rinascente interesse verso la lettura, dal momento che si era parlato di numeri di vendita incoraggianti già dal post-pandemia?

Non credo che l’Italia differisca molto dal resto del mondo. Il problema nel campo dell’editoria è che purtroppo avendo oggi tantissime forme di intrattenimento più immediato, sempre meno persone ricorrono alla parola scritta. Il fatto è che la perdita della lettura tra le fonti principali di intrattenimento è un regresso immenso per l’essere umano poiché la lettura, più di qualunque film, perfino più del fumetto, permette alla persona di sviluppare la capacità immaginativa che a mio avviso è ciò che ci rende liberi. Purtroppo sempre più lettori e molti editori puntano su letture di bassa qualità focalizzate su altro (come i molti romance e dark romance che in realtà sono letteratura erotica mascherata da romanzo sentimentale) e non sulla letterarietà o sul desiderio di raccontare, di narrare, di condividere una storia. Spero che con le nuove generazioni le cose possano cambiare, magari con l’aiuto della mia generazione che può insegnare loro il valore della parola scritta.

Prima di lasciarci, volevamo chiederti quali sono i tuoi progetti per il futuro e una curiosità indiscreta: quanto di te e della tua vita tendi a riversare nelle storie e nei personaggi che crei?

Al momento sono molto presa dalla recente uscita del terzo volume della mia saga urban fantasy “Aeternam”, sempre pubblicata da BookTribu. È un progetto a cui tengo molto, nacque nel 2020 durante la pandemia e per far sì che tutti potessero accedervi, leggerlo, non spendere e per non sovraccaricare il mio editore in un momento così delicato per il mondo e per l’editoria, lo pubblicai su Wattpad. Ottenne più di 170.000 letture tra il primo e il secondo volume e così con il mio editore ci siamo imbarcati nella pubblicazione del cartaceo che ad oggi continua a riscuotere successo. Per il resto in queste settimane mi sto preparando per il Lucca comics perché ovviamente anche le mie attività di cosplayer vanno avanti. Per rispondere alla tua domanda, non riverso quasi mai situazioni personali nei miei libri, non in modo esplicito almeno alcune emozioni indagate, alcune relazioni umane e alcune situazioni possono essere ispirate da sentimenti, angosce, entusiasmo, gioie o stranezze che ho vissuto ma non c’è mai una corrispondenza diretta. Mi piace creare e nel 90% dei casi mi piace creare da zero. Però ammetto che, soprattutto nella saga di Aeternam, gli eventi di attualità e lo stato odierno della società ispirano spesso i temi della saga.