Slow Crush: il nuovo disco, il nu-gaze e il ritorno in Italia

Mancavano in Italia dal 2023, quando si esibirono al Life is Strage a Selva di Trissino. Torneranno quest'anno gli Slow Crush, shoegazer dal Belgio, il 13 novembre al Bronson di Ravenna (dove ad aprire ci saranno i nostrani Glazyhaze) e il 14 novembre allo Slaughter di Milano (con i Mondaze in apertura), per presentarci il loro ultimo lavoro, Thirst, uscito il 29 agosto di quest'anno. Non abbiamo avuto ancora occasione di parlarvene, abbiamo preferito ascoltare gli stessi autori per farci raccontare la genesi di quest'opera e il clima con cui si apprestano a presentare il disco in Europa e in America. A rispondere alle nostre domande c'è Isa Holliday (voce e basso della band) che ci ha gentilmente concesso una lungo approfondimento sul loro percorso e la loro direzione artistica. Qui di seguito il nostro scambio di battute:

Sono passati quasi quattro anni dal vostro ultimo album, Hush. Quali pensi siano stati i principali cambiamenti ed eventi, sia a livello personale che professionale, che hanno segnato la band durante questo periodo?
Sono stati sicuramente quattro anni intensi da Hush, non ci siamo mai davvero fermati: il tour è stato lungo e impegnativo, volevamo portare quelle canzoni in più posti possibili. Abbiamo suonato in diversi tour negli Stati Uniti e in Europa, partecipato a festival e siamo arrivati persino in Colombia, un’esperienza surreale. Ogni viaggio, ogni concerto e ogni persona con cui ci siamo connessi ha lasciato un segno su di noi, non solo come musicisti ma anche come individui. Nel 2024 abbiamo deciso di rallentare un po’ con i live per poterci concentrare davvero su Thirst. Questo ci ha dato lo spazio per rifinire i brani, lasciarli respirare e assicurarci che fossero esattamente come li volevamo prima di portarli in studio. Quella pausa è stata importante: ci ha permesso di crescere e riflettere, sia a livello personale che musicale.
Quale direzione stilistica avete deciso di intraprendere in questo ultimo album? Quali sono le principali differenze rispetto al passato? Ci sono nuovi punti di riferimento nella vostra visione musicale?
Ogni disco che abbiamo realizzato sembra una naturale evoluzione: Aurora, Hush e ora Thirst hanno tutti un suono distintivo, eppure sono legati da quel filo di luce e oscurità che è sempre stato parte della nostra identità. Con Thirst, il cambiamento più evidente è probabilmente nella produzione. Siamo dei veri perfezionisti in studio, ma questa volta ci siamo fidati di Lewis Johns. Avevamo comunque una visione chiara, ma lui ha aggiunto piccoli tocchi di magia che hanno dato all’album la freschezza che stavamo cercando. Vediamo Thirst come una sorta di dichiarazione definitiva degli Slow Crush. È strutturato quasi come un viaggio: il lato A è più luminoso, veloce e immediato, mentre il lato B si addentra in territori più pesanti e cupi—come cadere in un sogno che lentamente si trasforma in un incubo. In un certo senso, è il nostro piccolo omaggio a Mellon Collie and the Infinite Sadness degli Smashing Pumpkins, nella ricerca di quella dualità tra euforia e malinconia.

Il tour di Thirst è stato annunciato già da un po’ e comprende anche due date in Italia (ndr. Ravenna il 13 novembre, Milano il 14 novembre) ; qualcosa che non può che renderci felici, dato che la vostra ultima apparizione nel nostro Paese risale al 2023. Se doveste presentare però gli Slow Crush ai lettori italiani che ancora non vi conoscono, come descrivereste il progetto?
Gli Slow Crush rappresentano davvero il punto d’incontro di tutto ciò che abbiamo suonato e amato in passato. Venendo da band più heavy, volevamo creare qualcosa che potesse essere allo stesso tempo travolgente e delicato. La nostra mission è sempre stata quella di fare musica che permetta alle persone di evadere per un po’, di fluttuare in un’altra dimensione mentale, di sentirsi confortate o trasportate dal suono. L’Italia ci ha sempre accolto con grande calore e non vediamo l’ora di tornare. Siamo particolarmente entusiasti di condividere il palco con Glazyhaze e di ritrovarci con i nostri amici dei Mondaze per questi concerti. Questi legami rendono il tour un po’ come tornare a casa.
Sono passati quasi otto anni dal vostro esordio, molte cose sono cambiate nella scena musicale. Questo, inoltre, è il primo disco che pubblicherete con Pure Noise Records, il cui roster annovera diversi nomi di richiamo nella scena alternative. In che modo è cambiata la vostra vita da musicisti e come pensate si sia evoluta globalmente la scena shoegaze in questi anni?
Lavorare con Pure Noise è stato un enorme onore. Il loro team è stato incredibile e, anche se non suoniamo nulla di simile a Knocked Loose o The Story So Far, il loro pubblico ci ha già dimostrato tantissimo affetto. Vedere “Thirst” superare il milione di streaming in così poco tempo è stato travolgente. Lo shoegaze è sicuramente evoluto da quando abbiamo iniziato. Penso che la rinascita del genere faccia parte di un più ampio revival degli anni ’90 che sta coinvolgendo moltissimi stili. Ma lo shoegaze, in particolare, ha questa capacità di attraversare generi e confini. Si vedano, ad esempio, gli Slowdive che hanno chiuso un festival hardcore come l’Outbreak, a dimostrazione di quanto l’atmosfera del genere possa risultare universale. Oggi ogni band porta la propria impronta: alcune sono più heavy, altre più oniriche, altre ancora più sperimentali. Ci sono “sub-gazes” ovunque—doomgaze, heavygaze, nugaze—e questo mantiene la scena viva ed entusiasmante.

Qual è l'aspetto più importante che volete trasmettere all’ascoltatore? C’è qualcosa del vostro passato musicale che eliminereste o rifareste diversamente oggi, o anche cose che non sareste disposti a cambiare pur di restare fedeli a voi stessi?
Onestamente, non cambieremmo il passato. Tutti i passi, anche quelli difficili, ci hanno portato fin qui. Le difficoltà ci hanno plasmati tanto quanto le vittorie. È come l’equilibrio di cui parliamo sempre—lo yin e lo yang, la luce e l’oscurità—non puoi avere l’uno senza l’altro. Questo è anche al cuore della nostra musica. Quello che speriamo per il futuro è che le nostre canzoni continuino a risuonare nelle persone in questo modo. Gli Slow Crush sono sempre stati fatti di equilibrio, compassione e cura—per te stesso, per gli altri, per il mondo che ti circonda. È qualcosa su cui non scenderemo mai a compromessi, né musicalmente né personalmente.
Per chiudere, se volessimo creare un collage dei cinque album che hanno influenzato e plasmato il suono dei Slow Crush, quali scegliereste?
Appetite for Destruction – Guns N’ Roses
Before the Dawn Heals US - M83
Around the Fur – Deftones
Feast of Love – Pity Sex
Good at Falling – The Japanese House