Top 10 singoli indie (aprile 2025)

La mail era già intasata il 25 aprile e altri singoli mi sono arrivati all'orecchio fino a ieri. Recuperare quasi tutto e scegliere le prime posizioni della griglia è stato più o meno come cercare di chiudere la bara di Dracula con la luce dell’alba già sulla soglia: troppo tardi per pensare, troppo presto per dirmi salvo (capirete in seguito il perchè di questa precisa metafora vampiresca). Tutto ciò per dire che la selezione a questo giro è stata ancor più complicata del solito. Ho fatto del mio meglio per rendere giustizia alla Qualità. Senza tergiversare ulteriormente, qui la top 10 di aprile.
10 | Tare - Costeene

Se il ranking dei singoli si basasse solo sul gusto del sottoscritto, Costeene primeggerebbe in qualsiasi chart list esistente, forse anche nella playlist per prepararsi a un colloquio di lavoro o alla prima cena coi genitori della tipa. Ma (parlandone da sobrio), francamente, fatico a immaginare un ascolto diverso del pezzo che non sia in uno stato di alterazione psico-motoria. Stante la limitata versatilità dell'opera, almeno per il nostro contesto nazionale (ma non di certo per il sottoscritto), mi sento costretto a tirare le briglie all'entusiasmo davanti a questa suadente esperienza (letteralmente) space cowboys, visionariamente fluttuante tra le orbite del jazz, del surf e del glitch. Abbiamo avuto qui da noi già gli Zu per una proposta affine, perlomeno nell'idea, ma il duo veneto è senz'altro meno caliginoso, più votato al chill, al tripping, a Clint Eastwood sullo Starship. L'Italia non è pronta.
9 | Kill You Boyfriend - Discretion

Discorso simile per i trevigiani Kill Your Boyfriend che offrono una combustione rapidissima di elettronica e techno senza perdere nulla del loro fascino industrial e post-punk. Un albero genealogico che parte coi Kraftwerk, passa per i Prodigy, poi per i Chemical Brothers e sfocia ora in un entroterra veneto che, attraverso queste scariche selvagge di battiti, si riveste di tinte noir e claustrofobiche. Nel complesso oggi l'operazione sfoggia un sapore più vintage che futuristico, pur preservando intatto il suo potere allucinogeno e politico. Mesmerici alchimisti di provincia.
8 | Coladigirienzo - Miss Italia '98

L'itpop è un pendolo che continua inesorabile a oscillare tra la melodiosità di Cremonini e la marginalità degli underdogs come Bugo e, of course, il padre putativo della wave, sua maestà Calcutta, astro di riferimento di una generazione. Il singolo del cantautore Coladigirienzo, che anticipa il suo EP di debutto (in uscita a giugno con Manipolo Dischi), è un saggio di fine anno passato a pieni voti all'accademia indie (sound da cameretta, ironia scanzonata, fragilità, ricordi di provincia e d'infanzia, persino i "nei" calcuttiani). Sì, ma i segni distintivi? Beninteso, il pezzo viaggia da solo e qua e là sbucano anche intuizioni compositive di un certo livello (puoi commuoverti senza motivo apparente quando la sezione di archi incontra la voce di Frizzi). Vi basti questo, in attesa che l'Ep possa dirci di più circa l'identità artistica di Nicola Girella.
7 | ROS - NON HO PIÙ PAURA

I talent show sono una cassa di risonanza mostruosa per la propria musica, un'occasione di viralità quasi impossibile da ripetere successivamente e impensabile prima. Ma sono ancora oggi un marchio praticamente indelebile sulla propria pelle, con un peso specifico diverso soprattutto per chi proviene dall'underground. La carriera discografica dei Ros si potrebbe dire che abbia avuto effettivo avvio dopo il tirocinio agnelliano, pur essendo rimasti pressocchè fedeli a loro stessi. Rilasciano adesso il loro secondo album, da cui il singolo Non ho più paura, una cavalcata emo/pop-punk alla Paramore (prima della svolta post-punk, s'intende). Vibes da ribellismo high school e malessere adolescenziale (neanche loro sono stati immuni al comeback dei Pokemon quale paradigma dell'innocenza perduta). Qualche anno fa avrei detto fuori tempo (massimo), oggi, col revival punk in atto, quel fuori dal tempo assume un altro significato, decisamente positivo.
6 | De Relitti - Au Revoir

L'elegante patina retrò '60s si abbina allo scintillante orchestrale di fiati e archi, omaggiando nelle strofe la malinconia melodica alla Mina, salvo poi esplodere in ritornelli uptempo strappati a qualche spy-movie. Per restare in ambito italico, si potrebbe dire a metà strada tra Giuliano Palma e la Zilli. A connettere quest'architettura vintage a base di soul e r&b, la voce di De Relitti, inequivocabilmente moderna, leggera, quasi sanremese. Una scelta stilistica coraggiosa e forse in controtendenza rispetto alle recenti uscite nostrane. Al sottoscritto basta questo per destare curiosità.
5 | Garbage - There's no Future in Optimism

Qui per segnalarvi, nel caso non vi fosse giunta notizia, che il prossimo mese uscirà l'ottavo album dei Garbage, registrato (ça va sans dire) tra lo studio di Butch Vig e la camera da letto di Shirley Manson. Concettualmente parlando, questo singolo che anticipa l'uscita è la banalità del bene, l'ennesimo anthem (neanche troppo ricercato o ispirato) anti-odio che si eleva dall'humus dissidente della seconda era trumpiana. Musicalmente invece (passatemi il termine), la musica cambia. Il pop-rock elettronico (o come si è detto, "disco-punk" alla Blondie) della band si conferma tra i sound di inizio '2000 più intramontabili e inscalfibili dal passaggio delle epoche, capace di aggiornarsi senza nulla perdere della propria spigolosità acida e adrenalinica.
4 | All You Can Hate - I Just Wanna Go Home

Sembra di risentire le chitarre anfetaminiche dei Two Doors Cinema Club nell'intro del nuovo pezzo della band romana. Lo spirito è insolitamente festaiolo rispetto a quanto suggerito dal loro recente album, ma il prorompere del basso post-punk e i cori da pub riconducono al loro tracciato più consueto. A fugare ogni dubbio ci pensa il testo, a svelarci quanto l'atmosfera viveur sia solo una coperta volutamente ambigua per raccontare il conformismo e il narcisismo nei contesti di socialità. Musica agrodolce da ballare da soli in camera, detox lenitivo da instagramofobia.
3 | LupoFiumeLeggenda - Così importante

Esalano new wave anni '80 le strofe a base di synth alla Human League, salvo poi spiegare le ali verso l'ariosità melodica dell'indie italiano più classico (dai Thegiornalisti a Leo Pari). Un singolo quasi bulimico verso l'ormai codificato filone post-2016 ("metti la moka su; metti le sneakers e fai il risvolto ai jeans; ti fermi a pensare a tutti i tuoi what if") e le sonorità electro-funk di tradizione nostrana (Vasco Rossi, Antonello Venditti, Alan Sorrenti). È vero che la produzione è tendenzialmente ammiccante, ma come diamine suona bene? quanto rimane in testa?
2 | Doglie Blu - God vs Tru_mp

Sarebbe bello se tutto alla fine si risolvesse così, in un'immagine biblica a tinte apocalittiche: un Mar Rosso che si apre, un capovolgimento sociale, gli oppressi che divengono i primi e i potenti che soccombono. In geopolitica, si sa, bianco e nero sono illusioni, ma il songwriting di Doglie Blu riesce comunque a restituire la temperatura emotiva di un periodo di crisi. Non che ci sia invettiva demagogica (il cantato intimista alla Cristina Donà si incrocia con i ritmi sincopati e le chitarre alla Radiohead), ma anzi, la cantautrice sembra profetizzare quietamente la fine, quasi già conoscesse l'epilogo. Bello però, questo invece è certo, che in Italia resti ancora in vita un certo cantautorato femminile di pregio e ricercatezza, da contrapporre al divismo trash di tanto musicbiz.
1 | Alex Fernet - Sunlight Vampires

"Ci piace ciò che è moderno, eppure ci vestiamo all'antica". Lo dice Alex stesso che, nel suo singolo in salsa hypnagogic, ha riversato tutto quel funky di fine anni '70, fatto di ritmi danzerecci e bassi prepotenti, nelle memorie di musiche che uscivano dalla tv dei nostri genitori nella stanza a fianco prima di addormentarci. Si parla delle contraddizioni insite nell'uomo, dei suoi dark sides in pacifica convivenza con la più rassicurante e costumata facciata sociale ("Ci piace ciò che è cattivo, ma la nostra faccia ha un bell'aspetto"). Da pompare nelle casse della macchina o davanti a un cocktail, in entrambi i casi rigorosamente con occhiali da sole neri, in attesa del disco completo a settembre. Sperando che il vampirismo di corredo non sia anche in questo caso solo l'ennesima necromanzia per giustificare il facsimile di certe sonorità agée (a una certa si sente anche il talkbox dei Daft Punk).