Top 10 singoli ottobre 2025

Top 10 singoli ottobre 2025

Non avremmo potuto trovare argomento migliore per celebrare il centesimo articolo del nostro sito. La consueta classifica mensile si impreziosisce questa volta di prime uscite particolarmente congeniali al periodo autunnale (complimenti ai loro distributori). Sarà anche una top 10 più underground del solito, forse dovevamo ancora riprenderci dalle tetre proposte radiofoniche estive e a questo giro in particolare era necessario "sporcarsi" le orecchie. Partiamo subito dunque.


10. Aurevoir Sofia

27

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L'headbanging è assicurato sempre con loro, ma qui si aggiunge anche la melodia e una vena emotiva a stemperare la foga sbarazzina alla Zebrahead che nei singoli precedenti non avevamo ancora toccato con mano. Del resto, vorremmo tutti vivere ancora nel mito della purezza del Punk Rock Club e credere stoicamente all'intransigente militanza del club dei 27, "ma in tasca abbiamo (ormai solo) una pistola scarica". Post-hardcore, post-ideali, post-tutto.


9. Bee Bee Sea

You

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Un minuto e mezzo di rant, in pieno spirito garage rock alla Sonics. Stesso intervallo di tempo che può intercorrere (forse anche troppo) nella transizione da affetto a odio, da attrazione a fastidio. Viscerale, post-adolescente, un po' cazzone, stracolmo di chitarre lipidiche e ritmi infettanti. Il singolo che anticipa il nuovo album (Stanzini can be Alright, 21 novembre) già dice che se oggi si vendessero dischi come quarant’anni fa, è probabile che i Bee Bee Sea non se la passerebbero male. Grezzi.


8. Black Wojtyla

Giubileo

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Sarò breve: non ci ho capito un cazzo. Ma tanto è bastato per divertirmi. Che senso ha quel titolo poi urlato a metà brano come uno slogan da megafono in una manifestazione di piazza? e come si lega a quella continua transizione di generi tra funky, soul, rock, latino, dance, jazz? come catalogarli e in che contesto ascoltarli? La musica non sempre dà risposte, anzi, talvolta è meglio che susciti solo domande. Il trio milanese probabilmente lo sa e ce lo ricorda in attesa del loro nuovo disco. Socratici.


7. Lillà

Lontano

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Screamo made in Roma giunto al secondo EP dopo il debutto con Come il Fiore non il Colore (2023) e con un titolo che riporta alla memoria l'emocore di Dove si Muore Davvero dei Quercia. Con la promessa di parlare in maniera più approfondita in altra sede di questo Dove Tutto Crolla, il singolo Lontano epitomizza il leitmotiv emotivo del disco. Niente di nuovo sotto al sole, anch'io tra urla e arpeggioni post-rock nella testa "vivo nell'illusione che domani sarà migliore", salvo poi rimanerne deluso 9 volte su 10. E allora ecco che mi rifugio nelle stesse sonorità a me care, sempre simili eppure mai uguali a sè stesse. Comfort behavior.


6. Marco Nardone

Sindrome

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Ultimamente (edit. da una decina d'anni), specie in zona indie pop, siamo abituati a sorbirci immotivate vagonate di clichè dall'estetica retromaniaca fine a sè stessa. Qui, invece, siamo davanti a uno dei rari casi in cui tutti i richiami a quelle ormai irreversibili atmosfere di fine anni '80 (e non parlo solo del video "d'epoca" che ne ha accompagnato l'uscita, ma anche dei Rolan Jupiter vaporosi, dei bassi con chorus e dei synth all'Enola Gay) si legano coerentemente alla scrittura a base di nostalgia e rielaborazione del passato. Scavare nei propri traumi infantili può esser un buon punto di partenza per arrivare a comprendere i rimossi della nostra società. Impegno civico.


5. Gonzalo Baby Boy

Nomadi

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Uno degli effetti collaterali del mix tra canzone d’autore ed elettronica è il finire col diventare seriosi, annullando di fatto gli effetti dell'una e dell'altra. Gonzalo Baby Boy, moniker del siciliano Sebastiano Sicurezza, riporta questo cocktail innaturale verso una dimensione più leggera e alcolica con un inno all'euforia della notte e alla vertigine dei sentimenti. Atmosfere da club dei primissimi anni '2000, quando a dominare c'erano le influenze black e le atmosfere rilassate ma festose. Dopamina mescolata nel caffè.


4. Polpo Kid

Tomorrow Never Knows

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Tomorrow Never Knows era spesso utilizzata dai Chemical Brothers in una versione campionata alla fine di ogni loro concerto, tra lo sbigottimento dei fan vagamente "annebbiati", non in grado di riconoscerla ad impronta in quel frangente. Fatto sta che quella trance psichedelica beatlesiana a trazione mono-accordo costante ha fatto scuola. I milanesi Polpo Kid ne danno una versione ancora più allucinata, come se fosse stata scritta nel '65 a Venice Beach, con Farfisa pronti a trivellarti i neuroni e un build up funkeggiante finale che vale tutto il pezzo. Aprite le porte della mente.


3. A Violet Pine

Mr. Fingers

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Voglio scendere nel personale in questo caso e confessare quanto questo pezzo mi abbia fatto star bene prima, poi male e infine entrambi insieme. Da un lato il conforto del risentire tutte quelle sonorità che a metà anni '90 avevano archiviato gli "eccessi" shoegaze iniziali riversandosi nelle più "controllate" sponde alternative, dall'altro la dolorosa presa di coscienza del tempo che passa. Oggi il trend gaze globale, quello che si sta insinuando nei canali mainstream, suona diverso e ha delle "regole" produttive che già minacciano un certo appiattimento. Prego Iddio pertanto di preservare il sound degli Swervedriver e dei Catherine Wheel. Macchina del tempo.


2. Talk to Her

Dyve

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L'ho sempre detto, ci sono due modi per intendere il ritorno in voga di un trend. In questo caso parliamo della ripresa post-punk anni '2000 di Editors e Interpol: o come il naturale ciclo revivalistico (la "nostalgia adulta" sarebbe arrivata prima o poi anche per i millennials), o per i suoi caratteri peculiari (glaciali e oscuri) che ben si abbinano al contesto sociale contemporaneo. Quale che sia la ragione, i padovani professano l'immersione e la caduta "nell'Altro"; e lo fanno nell'era della comunicazione digitale frammentata, se vogliamo vederla dalla seconda prospettiva. L'impatto con le distorsioni dei chorus, a loro volta una sorta di tuffo fragoroso, vale tutto il pezzo. Per me il solito, grazie.


1. Satantango

Permafrost

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New entry nel roster di Dischi Sotterranei, i Satantango mettono la freccia e si immettono nella corsia dello shoegaze italiano che, a giudicare dal trend degli ultimi anni, inizia a minacciare ingorgo. Il duo cremonese però fa qualcosa di un po' diverso rispetto alla vincente versione distorted lo fi dei Chiaroscuro: la voce assume una fisiononia ben delineata che non teme di eccedere nel mix e le distorsioni dettano un effettivo cambio di marcia emotivo. In altre parole, il rischio impantanemento è sventato. Permafrost è una struggente poesia con diverse (insospettabili) inflessioni derivanti dal pop di inizio 2000 che puoi ascoltare davanti a una finestra in autunno ripensando al passato o trascrivendone le frasette su un vecchio diario Smemoranda. Old school.