Wisp - If Not Winter

Natalie Lu, statunitense di seconda generazione con origini thailandesi, 21 anni da compiere e una fulminea conquista dei riflettori grazie a Tiktok. Sembrerebbe quasi un'epitome stessa della generazione Z, a partire dalla quale le è stata cucita attorno e su misura una corrente musicale autonoma: lo zoomergaze. Essenzialmente shoegaze 3.0, se consideriamo i capostipiti britannici e la wave americana anni '10, che si distingue per un approccio meno confusionario o allucinogeno, più melodico, digitale e adolescenziale (anche perchè suonato per lo più da autori giovanissimi), con molte tangenze col lo-fi e l'easy listening. Metterò subito le cose in chiaro: terminata la prima sessione d'ascolto di questo suo full lenght di debutto ho pensato che Wisp (letteralmente "filo di fumo", a suggerire etereità) ci avesse già raccontato praticamente tutto con Pandora (primo ed unico EP dell'artista). Voci ASMR alla stregua di messaggi vocali inviati nella notte e registrati alla cornetta di un Sip 21 Telecom; distorsioni amplissime ma compressate fino a farle sembrare quasi di plastica; malesseri suggeriti senza mai venir delineati, come il musone che rifiuta le apprensioni altrui rispondendo sistematicamente: "lascia stare, non capiresti".

If Not Winter si presenta come un'estensione di Pandora o forse, a non esser buonisti, una sua tirata per le lunghe. I meccanismi sono pressochè identici: stessi build up ritmici, voci che si raddoppiano (forse con eccessivo autotune a 'sto giro), stessi pattern melodici goes to emo. Tutto piacevolmente melodioso e languidamente dolce, ma dov'è la falla nella formula? Il punto è che non c'è mai una transizione emotiva lungo la setlist, non c'è un singolo passaggio ritmico che ti scorti verso un sano headbanging o mosh, non una distorsione che apra le porte a dimensioni psichedeliche o a recessi neri dell'anima. Tutto è sorvegliato, misurato in funzione delle arie vocali, facendo somigliare più genericamente questo zoomergaze a un bedroom pop che pesca qua e là dalla tradizione noise, deprivandola tuttavia delle sue ragioni originali. Sorvolerò sui testi che svolgono il loro lavoro, non aggiungendo molto rispetto ai costumi del genere e mantenendosi sulle canonicamente abbozzate tematiche introspettive (vulnerabilità, ricerca di connessione emotiva, insicurezze personali).

Vi posso segnalare, cercando minuziosamente qualche nota di particolare interesse, i synth nella chiusura decadente di After Dark, l'accompagnamento folk della title track, il nu gaze più scuola Nothing di Mesmerized e poco altro. Piccole variazioni sul tema, senza spostare di troppo il discorso. Il disco è senz'altro un buon soundtrack per un filmino a filtro handycam anni '90 o per un dopo-scuola nella propria cameretta a tapparelle abbassate. Conserva sicuramente molto di generazionale, ma non credo rappresenti (e in parte lo spero) la rivoluzione che ci aspettiamo dal genere.